4.10.09

Mondo interiore

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Domenica pomeriggio nella casa a Verona. Finalmente un po’ di respiro dalla frenesia milanese.
Una giornata rilassante, l’aria è tinta dei profumi autunnali, bevo the caldo ed indosso i pantaloni in pile, che conciliano al sonno e stranamente anche alla voglia di studiare o di leggere qualcosa di inebriante.

Fuori dalla finestra, lo sguardo accarezza il salice in giardino, le foglie d’acero coprono il bianco del tavolo e delle sedie in ferro. Mi sento immerso in un quadro impressionista. Mentre mi perdo in queste suggestioni bohemien, penso a quanto un artista possa essere importante per un’opera d’arte. La distinzione sembra semplice: un’opera non consta della presenza attiva del creativo (un quadro non necessita dell’intervento dell’artista) mentre la performance prevede che il momento della fruizione e il momento della creazione vengano a coincidere.

Un attore è un artista di performance, un pittore body-art è un artista di performance, così come una ballerina di danza classica, un musicista e così via. Eppure non è sempre così semplice distinguere se un’opera necessita della presenza umana, di un agire che sia essenziale alla creazione artistica stessa. Un abito potrebbe essere una creazione artistica che non necessita della presenza dell’artista ne del suo “agire” contemporaneo al “presentare”, eppure l’impatto con lo spettatore avviene nel momento in cui viene indossato, nel momento in cui l’uomo vitalizza l’abito e lo completa. E’ solo in quel momento che l’abito diventa opera? Ovvero quando, indossato, esprime la sua bellezza al massimo potenziale? Ancora una volta, non è facile rispondere.

Ci sono molte opere d’arte in cui diventa ancora più difficile capire se il creativo sia o meno integrante l’opera, come i tagli di Fontana, opere concettuali che si bastano da sole ma portano come elemento chiave proprio l’agire umano, uno squarcio nella tela. Rovistando qua e là nella mia casa veronese, ho trovato un vecchio libretto di Joyce.
Ho sempre amato il modo in cui James Joyce supera il realismo fotografico delle descrizioni per concentrarsi sui pensieri di chi osserva. Accedere alle impressioni, ai pensieri del mondo interiore di ogni suo personaggio. E’ così che il tempo diventa soggettivo, percepito da ognuno in maniera diversa. Credo che quello che manchi oggi sia proprio la mancanza della soggettività, del punto di vista. Non è una critica alla massificazione e stronzate varie, di cui non mi interesso (fenomeni sociali radicati nel socializzare, contro cui è inutile scontrarsi). Penso che quello che sia necessario è recuperare il tramite tra mondo e singolo, tra interiorità e mondo.

Il recupero della singolarità, della soggettività, del vissuto, dell’interiore, non è cosa semplice. E’ necessaria la sensibilità adatta a percepire l’esterno in questi termini
Quando mi dicono che il mondo è matematica non posso fare a meno che sentire i brividi di schifo.
La matematica è leggere il mondo in maniera fredda, consequenziale, predestinata. Per la matematica non esiste ottimismo e pessimismo. Per la matematica non esiste il dubbio, e se non esiste il dubbio, esistono solo verità incontrastate. Io mi rifiuto di leggere il mondo come patologia.

Credo che ognuno dovrebbe scoprire e curare l’artista che ha dentro. In un mondo che tende a soffocare la creatività sotto i numeri di una fredda visione provinciale e bigotta, secondo la quale il lavoro di zappa e aratro è l’unica cosa degna di avere una dignità, bisogna innanzitutto recuperare l’uomo, in modo che possa tornare ad agire, a creare performances capaci di rappresentare l’uomo post-moderno. Altrimenti saremo ricordati solamente come ammassi di fogli Excel e grafici contro la crisi.

Jacopo

6 commenti:

Anonimo ha detto...

molti dicono "la matematica non sbaglia mai,è una scienza esatta,è perfetta" e molti ancora mi hanno detto che sbagliavo ad interessarmi alla filosofia ,ai pensieri di uomini che per anni a detta loro "perdevano" tempo nell'analizzare il mondo e la sua essenza,perchè si perdevano in parole e non arrivavano a niente di concreto.Io gli ho risposto come potete basarvi solo sulla matematica? essa non tiene conto dei sentimenti,delle sensazioni,delle paure e di tutte le componenti che fanno dell'uomo una persona complessa e complicata..la matematica ti potrà dire come un palazzo possa stare in piedi per milioni di anni o come possa resistere ad una scossa di terremoto,ma non ti dirà mai come quel palazzo possa far sentire una persona veramente a casa. Mi sono sentita dire che anche che la letteratura non serve a niente, perchè tanto c'è la storia a darti le nozioni che ti servono per sapere dell'evoluzione temporale del mondo. Mi hanno detto a che serve leggere per esempio "se questo è un uomo" di primo levi, tanto lo sapresti lo stesso che nella 2 guerra mondiale c'è stata la persecuzione degli ebrei...cosa rispondere a questa gente che pensa che la matematica e la concretezza sia tutto?meglio annuirgli e non dire niente lasciandoli nella loro convinzione.

Jacopo Turrini ha detto...

Quanto impegno in un commento così accorato! E'simpatico nel senso greco del termine, ovvero "sin" che significa "insieme" e "pathos", il sentire, il percepire. La simpatia è proprio questo: "percepiamo insieme la stessa cosa".
E' quello che questo blog cerca di fare: far emergere sensazioni ed idee proprie di tutti, facendole uscire dal triste luogo dello "scontato" e renderle imporanti, attraverso le parole.
E' un commento che mette mi mette in sintonia con chi l'ha scritto, quindi questo è veramente un grande grazie ;)
Jacopo

Anonimo ha detto...

Franz Liszt diceva che pena e grandezza sono il destino dell'artista. Ed è probabilmente per questa ragione che nessuno si abbandona al proprio lato creativo. La pena dell'esplorare la propria interiorità per darne libera lettura anche agli altri costa troppo. Costo in termini di fatica e in termini di giudizio altrui. Al contrario, mascherarsi dietro alla certezza del codice binario di excel risulta comodo e rassicurante. Io concordo con te: l'irripetibile e l'unico non credo possano essere esplorati con una successione numerica fredda e sterile. Rivoglio un uomo privo di pregiudizi e schemi. L'oltre-uomo post moderno in grado di fuggire di nuovo dal'etica bigotta per creare novità.

Marck

Jacopo Turrini ha detto...

E' proprio questo che mi intimorisce, se la creatività è introspezione, il fatto che le persone tendano a non badare alla propria creatività sta a significare che non esplorano se stesse. E siccome tutta l'esistenza è fatta di relazioni tra persone, cosa accade se gli individui non conoscono nemmeno se stessi? La stranezza è che questa strampalata immagine di uomo alla Robinson Crusoe, il self made man che si basta da solo, è accomodante alla solitudine dell'artista! "bastarsi da soli" dovrebbe avere come conseguenza il rifugiarsi in se stessi e magari esprimere ciò che vi si vede, la creatività nasce da questo. Forse hai ragione tu, è troppo faticoso e troppo fragile. Bene, vado su excel a fare un grafico boxplot a baffi che spieghi il numero di artisti in funzione del periodo storico, sarà interessante vedere il nostro ;) Grazie Marck, sai benissimo di cosa parli :)

Jacopo

Jack ha detto...

Non credo che la matematica sia artefice di una fredda visione provinciale e bigotta, anzi! La matematica, per chi la sa leggere è poesia, è armonia. E proprio quando ti aspetti di aver capito tutto, ecco invece che sputa fuori qualcosa di nuovo, qualcosa creato a partire da ciò che già c'era e che darà a sua volta vita ad altre visioni, teoremi, proposizioni, lemmi, definizioni che non sono altro che un modo per dare ordine al mondo che ci circonda. Per quanto possa sembrarti strano ci sono persone che amano tutto ciò. E il fatto che ci siano persone che amano tutto ciò e persone che, invece, non lo amano affatto fa si che al mondo esista la diversità. La cosa, a mio avviso, che rende questo pianeta speciale e che ci permette di non annoiarci mai.

Jacopo Turrini ha detto...

sono perfettamente consapevole che la matematica è armonia, la musica stessa è di per se un piacere matematico. Tuttavia non riesco a percepire il legame tra il numero, la funzione, e l'estetica. Non metto in dubbio che come ogni arte, la matematica faccia "saltare fuori qualcosa di nuovo", ma credo sia un piacere introverso, e questo spiega anche l'introversione della maggior parte dei matematici. Per questo non la trovo umanamente utile. Per non parlare dell'idea di dover dare un ordine al mondo...

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